Fact checking e domande frequenti.

Non lo sappiamo. I dati ufficiali e aggiornati ad oggi non sono consultabili.

Ad oggi, i pochi che hanno potuto si sono attrezzati con i recinti forniti o finanziati agli allevatori per la protezione del bestiame dagli attacchi dei grandi predatori. Tali recinti tuttavia, mobili o semimobili, spesso non sono idonei ad essere installati nei pascoli dai terreni irregolari e rocciosi, e, se possono essere utilizzati per il confinamento degli ovi-caprini, raramente è possibile confinare un’intera mandria di bovini in alpeggio. Un altro limite importante è rappresentato dal fatto che questi mezzi purtroppo non sono idonei nemmeno al contenimento del bestiame spaventato che, in preda al panico, sfonda le deboli recinzioni elettrificate ritrovandosi in balìa dei lupi. Nel caso delle pecore inoltre, non sono rari gli episodi di morte per soffocamento a causa dell’ammassamento degli animali spaventati in un solo punto del recinto.

D’altronde, recinzioni realmente efficaci contro l’ingresso dei grandi predatori dovrebbero coprire grandi estensioni ed essere fatte di rete elettrosaldata alta circa 2 metri con sbalzo anti-salto e interrata, e con filo elettrico all’esterno, estremamente costose sia in termini di materiale necessario che di messa in opera, senza contare l’impatto ambientale. Ad oggi non è consentito installare recinzioni di questo tipo nelle malghe, alcune delle quali ricadono entro aree a sottoposte a particolare tutela ambientale come Siti di Importanza Comunitaria (SIC), Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e Zone di Protezione Speciale (ZPS).

Cotico erboso rovinato a causa del confinamento notturno degli animali.
Stalla di dimensioni a malapena sufficienti ad ospitare le vacche in attesa della mungitura. Foto di Roberto Costa

Sulle montagne Venete, similarmente a quelle trentine, la maggior parte degli alpeggi ospita bovini di razze specializzate da latte. I bovini, a differenza degli ovini, sono animali che per loro natura pascolano dispersi su ampie superfici, e preferenzialmente durante le ore serali e notturne. Di giorno, nelle ore calde, preferiscono riposare e ruminare. Per questo motivo, diventa ancora più difficile confinare i bovini di notte entro un recinto ristretto, dove sarebbe necessario provvedere in modo artificiale alla loro alimentazione, oltre che garantire loro acqua (assente nelle zone carsiche) e riparo dalle intemperie.

Privi dei mezzi che possono essere utilizzati in pianura, in alpeggio è molto difficoltoso gestire parte della mandria (o a volte tutta) in condizioni di restrizione, perché nulla è predisposto per questo tipo di gestione. Le “stalle” stesse, annesse alla malga, sono progettate esclusivamente per consentire lo svolgimento della mungitura, e in qualche caso sono addirittura assenti. Non sono comunque mai idonee a fungere da ricovero permanente per gli animali.

Ci si trova quindi a dover svolgere un “semi-alpeggio”, con grosse difficoltà, ridotto benessere animale e rovinamento del cotico erboso per chi è costretto a confinare i propri capi, o abbandono del pascolo e maggiori costi per chi invece ha deciso di tenerli a casa pur di salvarli.

Le vacche e le pecore non vedono l’ora di andare in alpeggio e passare un’estate libere di pascolare e muoversi dove vogliono, secondo la loro natura. Quando arriva la primavera e sentono il rumore dei campanacci mossi dai padroni che preparano l’alpeggio, muggiscono o belano ansiose di partire. Quando le si vedono libere nei pascoli di montagna non sono abbandonate, non sono sole, sono solamente felici, finalmente nel loro ambiente. Loro conoscono ogni angolo dell’alpeggio e si spostano durante il giorno nelle aree che ritengono più confortevoli. Ogni giorno, vengono controllate e accudite dai loro custodi, e questo avviene preferenzialmente alla mattina presto e alla sera, nei momenti di minor traffico turistico.

Fino a ieri la stagione di alpeggio ha rappresentato un momento magico, fatto di lavoro e fatica ma anche di gioia, soddisfazione, tradizione, legame con il territorio, e pace nel vedere i propri animali stare bene finalmente liberi di fare ciò che vogliono. Oggi però il clima che si respira è diverso. Lontano dagli occhi c’è la preoccupazione, la paura, l’ansia di chi è cosciente di essere privo di qualsiasi mezzo efficace a protezione del proprio bestiame, e dopo una giornata di lavoro passa le notti in semi-veglia, scattando al minimo rumore, all’abbaio del cane, ed esce nelle tenebre con i fari puntati inutilmente nella nebbia in cerca dei capi che ha sentito correre e chiamare spaventati. Ogni mattina, il risveglio di chi esce di casa sperando di ritrovare ancora tutti i propri animali. Quasi ogni giorno, l’amarezza di chi ha subìto un attacco, e comprende che la tradizione che gli hanno lasciato i propri nonni non verrà più tramandata. La sensazione che l’alpeggio, nato per la libertà, debba lasciare il posto a qualcos’altro. “È come se ti entrassero i ladri in casa”, dice qualcuno. “Non è questione di soldi, io voglio i miei animali vivi, altrimenti farei un altro lavoro”, dice qualcun altro. Niente sarà più come prima.

Nel girare per malghe, fintanto che si troveranno ancora mandrie al pascolo, bisognerà sempre più spesso prestare attenzione a nuovi fattori di rischio:

Cani da guardiania. Questi cani, ancora poco presenti sul territorio in quanto i proprietari temono quasi di più che il proprio cane possa aggredire qualcuno che non di perdere alcuni capi a causa del lupo, fanno il loro lavoro, e pertanto tendono a difendere il gregge o la mandria da qualsiasi cosa si avvicini troppo o sia reputata una minaccia. È quindi necessario prestare la massima attenzione al controllo dei propri cani e anche al comportamento dei propri bambini in presenza di cani custodi. In particolare, è importante tenere i cani al guinzaglio e transitare lontano dal gregge o dalla mandria, senza tentare di avvicinarsi o di toccare gli animali.

Chiaramente, perché la protezione del gregge o della mandria sia efficace, è necessario che il numero di cani sia adeguato rispetto al numero di capi da proteggere e al numero di lupi presenti sul territorio. Stimando sommariamente che siano necessari almeno uno due di cani custodi ogni 50 capi da proteggere, sui soli pascoli delle malghe dell’Altopiano dei Sette Comuni in estate dovrebbero essere presenti almeno 250–500 cani da guardiania. Tuttavia, ad oggi essi sono presenti solo sporadicamente a protezione delle greggi, in quanto il loro utilizzo nel caso del bovino, al di là del fatto che non ne sia conosciuta l’efficacia, è comunque subordinato al confinamento notturno degli animali.

Le vacche.

Se i cani da guardiania non vengono ancora quasi mai utilizzati per la difesa delle vacche al pascolo, il pericolo per chi passeggia può essere rappresentato dalle vacche stesse. Esse infatti, con caratteristiche più o meno spiccate a seconda della razza, se hanno già ricevuto la visita di un grande predatore tendono a diventare aggressive nei confronti di qualsiasi cane si avvicini a loro. Questo è particolarmente vero nel caso delle vacche nutrici, al pascolo con i propri vitelli, che sono pronte a dare la vita pur di difenderli. Diventa pertanto ancora più importante tenere i propri cani al guinzaglio in territorio di pascolo e transitare lontano dagli animali, evitando di disturbarli o di tentare di avvicinarli. Il cane che si avvicinasse ad una vacca al pascolo, magari abbaiando, tenderà a fuggire verso il padrone, ponendolo in situazione di potenziale pericolo. È quindi importante portare il massimo rispetto verso le mandrie al pascolo.

Un esempio di area incolta circondata da aree pascolate o sfalciate, unica ad aver preso fuoco durante l’inverno.

Nessuno ne parla, ma nell’arco di poco tempo già molte persone che possedevano pochi capi (soprattutto ovini o asini) per compagnia o per passione e che li hanno persi a causa di un attacco da parte di un grande predatore hanno rinunciato a tenerne ancora. Nessuno è disposto a vedere i propri animali fare una fine simile, e pertanto si rifiutano di custodire nuovamente animali fintanto che non sentono di avere a disposizione mezzi validi e sostenibili per poterli proteggere. Allo stesso modo, si stima che negli ultimi due anni siano stati portati in malga almeno il 15% degli animali in meno, con qualche malga che ha dovuto anticipare il rientro di fine stagione e qualche altra per la quale è stato quasi impossibile reperire il bestiame da far pascolare. Questo si riflette rapidamente in una riduzione progressiva della superficie pascolata, che inizialmente avviene a carico delle aree più scomode o lontane dai ricoveri. La prima conseguenza diretta tuttavia, è l’aumento del rischio di incendio.

Gli alpeggi sono spesso territori impervi, caratterizzati da vegetazione, pendii e rocce affioranti. Quando si presenta un grande predatore, gli animali spaventati fuggono ferendosi sulle rocce e a volte cadendo nei dirupi. Il forte stress e la paura inoltre, provocano l’aborto degli animali gravidi e la drastica riduzione della produzione di latte nelle femmine in allattamento. Per diversi giorni poi, gli animali restano traumatizzati, mangiano meno, sono sempre allerta, e non vogliono più sostare in determinate zone di pascolo. Tutto questo anche senza che durante l’attacco il predatore uccida direttamente degli animali. Mentre il capo morto viene indennizzato, il resto è quasi completamente a carico del malghese o del proprietario.

Io cosa posso fare?

I grandi predatori, come tutta la fauna selvatica, sono di proprietà dello Stato, che è quindi unico responsabile dei danni da essa provocati e deve fare tutto il possibile per prevenirli.

Aiutaci a chiedere risposte concrete e soluzioni adeguate per scongiurare l’estinzione di un eco-sistema unico nel suo genere.

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